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Quaresima 2010 - MERCOLEDI’17 MARZO 2010 PDF Print E-mail

QUAR10 MERCOLEDI’17 MARZO 2010

L’IMPERATIVO CATEGORICO DI KANT E LA SELEZIONE NATURALE DI DARWIN-MONOD: UN AMICO EMATOLOGO SI (CI) INTERROGA

   Ha chiesto Carlo Maria Martini (v. QUAR10 del 1 Marzo us) a dei non credenti da dove potessero trarre il loro fondamento etico. Un suo interlocutore ha risposto: «Non lo so. Non ho avuto alcun motivo per vivere e per servire, eppure l’ho fatto: non so perchè». La risposta è così onesta nella sua semplicità da ispirare subito simpatia; quanto alla domanda, è evidente che viene da qualcuno che sa mirare direttamente al cuore di un problema: e qui ha centrato l’essenza stessa di quel che distingue l’umanità dalle belve. Sarei presuntuoso, non essendo né filosofo né giurista, se pretendessi di risolvere un dibattito millenario sulle fonti del diritto positivo. Ma siccome siamo in Quaresima, mi espongo: da lungo tempo dibatto dentro di me questi pensieri, e sul cammino ricordo due pietre miliari.
   La prima, quando avevo 15 anni, è stata l’imperativo categorico di Immanuel Kant: agisci in modo da trattare l’umanità tua e degli altri sempre come un fine, mai solo come un mezzo. Pensai che pochi riescono, in tutta la vita, a non violare mai quell’imperativo neppure un pochino; ma forse ancor meno sono quelli che oserebbero dichiarare che non sono d’accordo. Quando avevo circa 20 anni di più, la seconda pietra miliare è stata per me, nel famoso libro Il caso e la necessità di Jacques Monod, la sua analisi della fede religiosa nel contesto dell’evoluzione umana.
   A prima vista il cozzo tra queste due pietre è inevitabile e potenzialmente devastante: secondo Kant l’imperativo categorico – la legge morale dentro di me – era uno dei più forti argomenti per l’esistenza di Dio; secondo Monod, elaborare regole di convivenza potrebbe essere stato cruciale, agli albori dell’umanità, per la sopravvivenza stessa di gruppi tribali che sentivano il bisogno di credere che le regole venivano dall’alto, e perciò erano stati gli umani a creare Dio piuttosto che viceversa. 
   A livello scientifico non ho ancora riconciliato questi due grandi pensatori; ma oggi non mi sembra più diminutivo pensare che le regole che chiamiamo morali siano state soggette a una selezione inizialmente Darwiniana, e poi divenuta culturale. In altre parole, penso verosimile che se una tribù avesse adottato una legge di fedeltà reciproca, anteponendo l’interesse della tribù in toto persino a quello individuale proprio, avrebbe avuto maggiore probabilità di sopravvivere di un’altra tribù che non avesse adottato altra legge che quella del più forte (come le belve). Ma con altrettanta verosimiglianza possiamo immaginare che quella tribù abbia poi preso coscienza del perché era sopravvissuta, ed abbia fatto di quelle regole un contratto sociale che oggi chiamiamo il Diritto. Sarebbe l’imperativo categorico di Kant meno importante, se alle sue origini vi fosse la selezione naturale di Darwin-Monod?  Monod stesso, nel finale del suo libro, ha dato un’immagine quasi tragica dell’”uomo solo nell’universo”; ma a me sembra che una solidarietà tribale diventata morale e concretata in un contratto sociale sia una grande conquista. È come dire che l’uomo non è solo, perché fa parte dell’umanità; e che, unico tra gli animali, ha conquistato la capacità di evolvere culturalmente in un modo che ormai di gran lunga supera l’evoluzione biologica; ed è bene che ci chiediamo continuamente se ne facciamo buon uso, di questa conquista unica.
   Ma qui la scienza si ferma: non può dirci se l’evoluzione biologica è solo quel che appare, o se invece ha una sorgente creatrice; e tanto meno può dirci se la legge morale che ci siamo dati ha pure una sorgente assoluta. Molti di noi vivono con il non avere una certezza in merito; e da parte mia, almeno per ora, mi accontenterei se riuscissimo tutti ad essere coerenti con la legge morale che ci siamo dati – almeno fino alla prossima Quaresima.

 
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