QUAR11 – MARTEDI’ 12 APRILE 2011 SONO GAGARIN, IL FIGLIO DELLA TERRA, PER L’ETERNITÀ IO SONO IN VOLO Jurij Alekseevič Gagarin fu il primo uomo a volare nello spazio portando con successo a termine la sua missione il 12 aprile 1961, 50 anni fa. Morì nel 1968 in un incidente aereo. Sono Gagarin, il figlio della terra Io sono Gagarin. Per primo ho volato, e voi volaste dopo di me. Sono stato donato per sempre al cielo, dalla terra, come il figlio dell’umanità. In quell’aprile i volti delle stelle, che gelavano senza carezze, coperte di muschio e di ruggine, si riscaldarono per le lentiggini rossigne di Smolensk salite al cielo. Ma le lentiggini sono tramontate. Quanto mi è terribile non restare che un bronzo, che un’ombra, non poter carezzare né l’erba, né un bambino, né far scricchiolare il cancelletto d’un giardino.
Da sotto la nera cicatrice del timbro postale vi sorrido io con il sorriso ch’è volato via. Ma osservate bene cartoline e francobolli e capirete subito: per l’eternità io sono in volo. Mi applaudivano le mani dell’intera umanità. La gloria tentava di sedurmi, ma no, non c’è riuscita. Sulla terra mi sono schiantato, quella che per primo ho visto tanto piccola, e la terra non me l’ha perdonata. Ma io perdono la terra, sono figlio suo, in spirito e carne, e per i secoli prometto di continuare il mio volo ........................................... C’è chi è in volo nel simun vorticoso di stelle. C’è chi si dibatte nella palude da se stesso voluta. ........................................... Io sono Gagarin, figlio della Terra, figlio dell’umanità: sono russo, greco e bulgaro, australiano e finlandese. Vi incarno tutti col mio slancio verso i cieli. Il mio nome è casuale, ma io non sono stato per caso. Mentre la terra s’insozzava di vanità e di peccato, il mio nome cambiava, ma l’anima no. Mi chiamavano Icaro. Giacqui nella polvere, nella cenere. Mi aveva spinto verso il sole il buio della terra. La cera si sciolse, spargendosi qua e là. Caddi senza salvezza, ma un pizzico di sole rimase stretto nella mia mano. ........................................... Sotto il nome di Nesterov girando sopra la terra, feci innamorare la luna col mio giro della morte. La morte fischiava sulle ali. È una virtù disprezzarla e con Gastello imberbe mi gettai in volo sul nemico. E le ali temerarie ardendo come un rogo, hanno protetto, voi che foste allora ragazzi, Aldrin, Collins, Armstrong. E, sicuro della speranza che gli uomini sono un’unica famiglia, dell’equipaggio di Apollo invisibile io ero. Mangiammo dai tubetti, avremmo brindato in viaggio come sull’Elba, ci abbracciammo sulla Galassia. Il lavoro procedeva senza scherzi. Era in gioco la vita e con lo stivale di Armstrong io scesi sulla Luna. Excerpta da Evgenij Aleksandrovič Evtuschenko Poesia segnalata da Americo Bonanni, Lanciano
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