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Quaresima 2016 - GIOVEDÌ 24 MARZO 2016 PDF Print E-mail

QUAR16  RICERCA DELL’UOMO, RICERCA DI DIO

XII EDIZIONE

GIOVEDÌ 24 MARZO 2016

 

 

Vide e credette (Gv 20,1-9).

Nel giorno dopo il sabato, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di buon mattino, quand’era ancora buio, e vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: “Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!”. Uscì allora Simon Pietro insieme all’altro discepolo, e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Chinatosi, vide le bende per terra, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro che lo seguiva ed entrò nel sepolcro e vide le bende per terra, e il sudario, che gli era stato posto sul capo, non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte. Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Non avevano infatti ancora compreso la Scrittura, che egli cioè doveva risuscitare dai morti.

 

La fede nasce dall’amore. E’ questo il cuore del cristianesimo. Se l’esperienza religiosa umana universale basa il rapporto con Dio sul timore, che spesso diventa paura della punizione, la fede cristiana è invece frutto dell’amore sperimentato. E’ questo che vuole insegnare il vangelo di oggi: tra tutti quelli che vanno al sepolcro, l’unico che crede senza vedere direttamente Gesù è il discepolo che Gesù amava che, tradotto, significa: colui che ha sperimentato fino a che punto si può spingere chi ama veramente, cioè fino a dare la vita. Vedendo quelle bende ancora intrise di sangue non ha semplicemente constatato l’assenza di un corpo come ha fatto Pietro che ancora  doveva riconciliarsi con il maestro che aveva rinnegato, ma si è ricordato del suo amore, di quando aveva detto nel cenacolo: non c’è amore più grande di questo: dare la vita per gli amici. E così ha potuto comprendere le parole della Scrittura, quando nel Cantico dei cantici l’amante dice che l’amore è più forte della morte. Lo stesso discepolo scriverà nella sua lettera più importante che l’amore perfetto scaccia la paura, ogni paura, soprattutto la più grande che è quella della morte, che attraversa ciascuno di noi: un Dio che ama veramente non può lasciarci morire! Tra le cose importanti che restano, dirà Paolo, un altro che ha sperimentato l’amore di Cristo, la più grande di tutte è proprio l’amore. Ed è per questo che, nonostante il male che dilaga nel mondo, il cristiano può ancora continuare a testimoniare l’amore che è così forte che vince la morte. Se non crediamo questo, se pensiamo che possiamo cambiare il mondo solo con le nostre morali che danno premi e condanne, il cristianesimo non serve a nulla e, come dice Paolo di Tarso, Gesù è morto inutilmente.

Michele Tartaglia

 

 

ULTIMO FOLIO: NON NOMINARE IL NOME DI DIO INVANO

 

Giovedì santo, come ogni anno, il nostro cammino insieme si ferma qui, alle soglie del mistero.

I  fatti di cronaca che in queste ore hanno messo in ginocchio l’Europa intera non possono passare inosservati. Non solo per obbligo morale, che nasce dal semplice fatto di essere parte di una comunità, ma anche perché il tema della quaresima di quest’anno è stato proprio il secondo comandamento. Non nominare il nome di Dio invano.

E mentre, giorno dopo giorno, i nostri pensieri si avvicendavano e confrontavano, qualcuno dall’altra parte dell’Europa pianificava stragi in nome di Dio. La strada più diretta e crudele dell’ignoranza. La parte più meschina dell’uomo che si rivolge contro l’uomo stesso. E lo fa con l’arroganza propria dei vili, abili a trincerarsi dietro paraventi ideologici a cui forse non credono nemmeno.

In questi giorni di lutto, il nome di Dio sventola sulle bandiere di chi ha come unica fede l’ottusità nella quale si è rifugiato e di chi ritiene necessaria una battaglia del suo Dio contro il loro Dio.

Come già ricordato all’inizio del nostro percorso quaresimale, il secondo comandamento invita  l’uomo a non farsi giudice in terra in nome di Dio. Che criminali e benefattori agiscano responsabilmente secondo la propria coscienza, senza attribuire al divino la colpa o il merito del proprio operato. 

All’Europa dilaniata va il pensiero di chi crede che la vera rivoluzione sia quella che cambia il mondo senza calpestare chi ne fa parte, di chi continua a sperare che la storia non finisce un venerdì pomeriggio, ma ricomincia una domenica mattina.

 

Buona Pasqua allora e che la riflessione e la speranza ci accompagnino sempre. Oggi più che mai.

 

Grazie a tutti voi,

 

Giovanni de Gaetano e Marialaura Bonaccio

 

 
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