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Quaresima 2016 - MARTEDÌ 1 MARZO 2016 PDF Print E-mail

QUAR16  RICERCA DELL’UOMO, RICERCA DI DIO

XII EDIZIONE

MARTEDÌ 1 MARZO 2016

 

 

DI COSA PARLIAMO QUANDO PARLIAMO D’EUROPA

 

Di cosa parliamo quando parliamo d’Europa?

È questa una delle domande che più risuona nella testa dopo aver visto Francofonia di Aleksandr Sokurov, uscito in quel 2015 che (tra crisi greca, populismi, emergenza migranti, terrorismo, deficit democratico, mancanza di una seria leadership) ha mostrato più ancora degli anni precedenti l’avvilente crisi d’identità di cui soffre il Vecchio continente.

[…] A un certo punto del racconto, mentre la cinepresa si aggira per il Louvre, la voce fuori campo di Sokurov riflette su come la cultura europea, a differenza dell’Islam iconoclasta, abbia sviluppato ad esempio un’ossessione per il ritratto. “Cosa sarebbe stata la cultura europea senza l’arte del ritratto?” La cinepresa si sofferma sui dettagli di volti realizzati da pittori rinascimentali, e mentre lo spettatore osserva un naso, un occhio, un’impercettibile piegatura delle labbra, viene in mente prima quel tortuoso percorso di conoscenza di sé che senza il cristianesimo sarebbe stato assai diverso (si pensi anche solo ad Agostino), e poi il vertiginoso avventurarsi in determinati coni d’ombra di cui a un certo punto si incaricò la psicanalisi, segnando insieme culmine e fine della modernità.

In quest’auto-osservarsi scintilla pericolosamente il delirio di onnipotenza (la tensione alla conquista e alla colonizzazione che è una delle malattie ontologiche del pensiero europeo), ma anche quel bisogno di conoscenza (che gioca a rimpiattino tra Faust e Galilei), quella forza compassionevole (Cristo), quel bisogno di nobilitarsi e nobilitare attraverso una restituzione di dignità (Marx), quel risplendere della ragione (l’illuminismo) che tutti insieme sono i punti cardinali dell’esperimento europeo, e che in equilibrio perfetto tra di loro – cariche positive in grado di neutralizzare le negative – darebbero vita addirittura a un ideale d’uomo in grado forse di valere a livello universale, e che l’arte non si limita a spiegare (come potrebbe fare il pensiero dei filosofi) ma prova, ne è per certi versi la dimostrazione.

Che cosa resta oggi di questo sogno?

Molti tradimenti e, di conseguenza, molte recriminazioni, sembra dire Sokurov. Per ammonirci sulla terribile amnesia di cui sembra essere vittima il nostro continente, il regista […] cambia all’improvviso prospettiva, e guarda l’Europa con gli occhi di quella terra – geografica e spirituale – che da una parte le appartiene e dall’altra le dà le spalle, fuggendo verso un altrove che (a seconda di come la lezione europea risuoni o crolli su se stessa) potrebbe esserne la realizzazione utopica o il suo rovescio: vale a dire la Russia. È la Russia che, a costo di milioni di morti, liberò l’Europa dal nazismo. Ma anche la Russia di Dostoevskij, l’anima di un popolo che in ragione del suo splendore primitivo aveva forse la capacità di redimere il mondo intero. Per farlo, tuttavia, aveva bisogno che la sua sorella maggiore e insieme il suo faro (l’Europa e il pensiero europeo, che dà allo spirito una bussola e un completamento) splendesse su di sé. Se il faro dell’Europa smette di dare luce, anche la Russia perde la rotta. Il che, conclude Sokurov, è ciò che purtroppo è accaduto.

Un continente sviluppato su tesori inestimabili (se non precisamente l’arte, l’ineffabile di cui è dimostrazione e testimonianza) che negli ultimi decenni si ostina a reputarsi fondato solo su una banca, una moneta senz’anima, un apparato burocratico demenziale: ecco l’attuale perversione europea, da cui l’intero mondo dovrebbe sentirsi danneggiato. In attesa di un risveglio (e nella speranza che non sia, un’altra volta, troppo tardi) le opere del Louvre testimoniano che quello spirito esiste, manifesto nella rappresentazione artistica, ma semplice fantasma quando si tratta di incarnarsi in un motore della Storia, che – rispetto agli ideali che ci appartengono e da cui dovremmo sentirci mossi – nel XXI secolo sta girando a vuoto. Bisogna capire se all’Europa è sufficiente oggi trarre ispirazione dal “fantasma” per renderlo di nuovo reale e ritrovare se stessa.

Su questo, il film Sokurov ritiene di non poter offrire garanzie. Ricordarlo è una vera giubilazione, imitarlo un obolo all’umanità.

 

di Nicola Lagioia, premio Strega 2015

Lo Straniero, 11/02/2016

 

 

 
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