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Quaresima 2010 - MARTEDI 30 MARZO 2010 PDF Print E-mail

QUAR10 MARTEDI 30 MARZO 2010

Il rametto di ulivo in mano

   La Domenica delle Palme è una domenica speciale. Ben nota, amata, frequentata da tutti. Perché tutti sentiamo che in quel ramoscello di ulivo, accolto in mani di gratitudine, c’è una chiamata alla pace, all’amore, alla gioia condivisa. Sentiamo cioè che il mondo è fatto per relazioni autentiche, per incontri veri, per dialoghi sinceri. Ma questo è frutto non di buonismo, ma della forza nell’affrontare le tante amarezze e fatiche della vita.
   Ci è di modello il modo in cui san Luca narra la Passione di Gesù e la sua morte in croce. Ogni racconto dei quattro evangelisti sulla passione di Gesù è diverso. Perché diverse sono le impostazioni teologiche di ciascuno evangelista e diversi erano gli interlocutori per cui essi scrivevano il loro messaggio, il loro Vangelo.
   Luca in particolare è l’evangelista della misericordia. Cioè il discepolo che sa leggere nel cuore di Gesù, che non si ferma agli aspetti esterni, ma sa capire, sa scrutare. Ed è bello sottolineare dei piccoli particolari, che solo san Luca mette in evidenza. Perché dietro ci sono precisi messaggi, che cambiano anche la nostra vita.
   Il racconto della passione inizia nel Cenacolo, tutti riuniti attorno alla tavola in cui Gesù consacra il pane ed il vino, segno di una nuova Alleanza. Ma proprio qui, in un momento altissimo, invece che descrivere discepoli in adorazione, Luca narra di una disputa triste: Chi di loro fosse il più grande. Non silenzio, non preghiera. Ma disputa. Quasi ad ammonirci che si può litigare anche davanti all’eucarestia. Come purtroppo è avvenuto più volte nella storia della Chiesa. Ci si può dividere proprio in nome di Cristo. Monito severo ma salvifico.
   Molto interessante è vedere come san Luca descrive la sofferenza del Cristo nell’orto del Getsemani. Una sofferenza immensa, tanto che il sudore si trasforma in gocce di sangue. Una intima compartecipazione a tutte le sofferenze del mondo. Ma ecco che il Padre manda un angelo, che consola Gesù. Gli sta vicino, proprio mentre gli altri discepoli, i suoi amici, dormono per la tristezza interiore. Non condividono. Quell’angelo, invece, simboleggia ogni fratello o sorella che segue il tuo dolore, che ti sta vicino, che entra nella tua vita al momento giusto. Non ti senti solo. Ma anche tu puoi essere per chi soffre quell’angelo di misericordia. Così la passione non sarà disperazione, ma offerta d’amore.
   Viene arrestato Gesù. E nella colluttazione, un discepolo estrae la spada e taglia l’orecchio di un nemico. E che fa Gesù? Luca ci offre un particolare unico e dolcissimo: lo risana e riattacca l’orecchio! Nessuna vendetta. Nessun risentimento. Ma uno stile di costante perdono. Che si manifesta anche nei confronti di Pietro, che lo ha appena, per debolezza, rinnegato per ben tre volte. Luca afferma che il Signore si voltò e fissò lo sguardo su Pietro e Pietro si ricordò delle parole di Gesù...ed uscito fuori, pianse amaramente. Nessuna condanna, nessun giudizio. Ma accoglienza nei confronti delle nostre fragilità e debolezze. Il vertice di questo stile di misericordia, tanto sottolineato da Luca, si ha nelle tre parole che Gesù pronuncia sulla croce.
   Inizia con un gesto di perdono: Padre perdona loro, perché non sanno quello che fanno. Che diviene accoglienza dei ladroni: oggi, tu sarai con me nel paradiso. Per divenire fiducia piena dello stesso Gesù nelle braccia del Padre: Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito! Dove c’è misericordia, c’è speranza. Specie oggi, davanti a questo attacco mediatico nei confronti della Chiesa! Con la misericordia, vinceremo!

GIANCARLO BREGANTINI, ARCIVESCOVO DI CAMPOBASSO-BOJANO



Uomo, Verità e Dio

   Per le nostre condivisioni quaresimali, Giovanni ci ha ricordato Agostino da Ippona: “Loderanno il Signore coloro che lo cercano…”. Nascosto nella biblioteca dell’University of Queensland, rifletto sulla piccolezza del nostro pianeta e l’immensa varietà di genti e culture che ha ospitato. Sento il calore della Forza d’Amore che ha creato tutto questo, assieme agli esseri umani che l’hanno lodata con i nomi Ahura Mazda, Yahveh, Dio, Allāh.
   Cosa cercava Antonio Lombardo detto Pigafetta quando circumnavigò il globo per la prima volta al seguito di Magellano? Questi perì per far conoscere Dio agli abitanti di Cebu o per dare alla Spagna un impero anche più grande? Cosa cerco io nei rapporti sulla cultura aborigena prima della sua distruzione da parte degli europei?       Cosa cercava Mohandas K. Gandhi quando fondò una comunità spirituale a Phoenix in Sud Africa e poi quella di Ahmedabad in India? Pare cercasse la Verità e Dio, assieme, rispettando tutte le religioni particolari, come ci spiega il filosofo Fulvio Manara: “Spesso Gandhi descrive questo spirito religioso come la “religione della Verità”, e per definirla più pienamente specifica che ‘la Verità è Dio’. Così l’altra faccia della Verità, che è l’ahisma [nonviolenza] ‘… ci insegna ad avere per la fede religiosa degli altri lo stesso rispetto che riserviamo alla nostra, ammettendo così l’imperfezione di quest’ultima. Questa ammissione verrebbe fatta senza difficoltà da un ricercatore della verità che seguisse la legge dell’Amore. Se noi avessimo raggiunto la piena visione della Verità, non saremmo più dei semplici ricercatori, ma saremmo la stessa cosa con Dio, perché la Verità è Dio. Ma essendo solo dei ricercatori continuiamo la ricerca consci della nostra imperfezione. E se noi siamo imperfetti, anche la religione che noi concepiamo sarà anch’essa imperfetta.” [p. 63, da una collezione di scritti di Gandhi, La forza della verità, cit. p. 34] … “Dopo aver cantato un inno che celebra la natività di Cristo, Gandhi raccontò di come venne colpito dalla storia di Gesù leggendo il Discorso della Montagna che insegna la non-ritorsione, ossia la non-resistenza [fisica] al male. Questa nuova legge di Gesù lo impressionò moltissimo e mutò la sua comprensione del cristiano … [pp. 67-68] … Ma per fare un ultimo esempio accenniamo alla straordinaria esperienza di incontro e di dialogo fraterno che Gandhi ebbe con alcune sorelle francescane italiane (le ‘Allodole di San Francesco’) testimoniata dall’epistolario con Sorella Maria dell’Eremo di Campello.” [p. 69]
Fulvio Cesare Manara (2006) Una forza che dà vita – Ricominciare con Gandhi in un’età di terrorismi. Edizioni Unicopli, Milano. [mie aggiunte esplicative]
Al crocevia tra Uomo, Verità e Dio troviamo due indicazioni stradali che mettono alla prova l’orientamento del ricercatore: violenza e nonviolenza. Prima dell’invenzione dell’agricoltura i cacciatori-raccoglitori erano spirituali e nonviolenti. La produzione del cibo portò con sé la violenza e, per fortuna, la religione per mitigarne gli effetti. Seguendo in pratica gli insegnamenti spirituali dei Grandi Maestri (non quelli commerciali-mediatici) forse ritroveremo, con l’aiuto di Dio, la nostra Vera Umanità nonviolenta. La questione resta aperta: ne esiste un’altra?

PIERO P. GIORGI, BIOLOGO, UNIVERSITY OF QUEENSLAND, AUSTRALIA

 
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