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L’obesità si combatte a colpi di sonno PDF Stampa E-mail

I cultori della “slow life” hanno visto giusto: la sveglia non troppo frettolosa e il riposino dopo pranzo aiutano a vivere meglio. La scienza promuove a pieni voti i ritmi lenti di un tempo, quelli che al sonno e al riposo davano il giusto spazio.

 

E non solo per una ovvia questione fisiologica, ma anche per combattere l’obesità. Che dei chili in più ci si possa liberare a colpi di sonnellini sembra un sogno irrealizzabile, ma è pur vero che chi passa più ore a letto non è costretto a far la lotta con la bilancia. A sostenerlo è un recente studio condotto dalla Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health di Baltimora, che attraverso una metanalisi (una tecnica con la quale vengono messi a confronto i dati raccolti in diversi studi fino ad avere risultati complessivi) ha dimostrato che anche una sola ora in più di sonno abbassa il rischio di obesità nei bambini di circa il 9%. Minuti preziosi, quindi, quelli trascorsi tra i guanciali. “La nostra analisi dei dati - spiega Youfa Wang, uno degli autori dello studio - mostra una chiara associazione tra durata del sonno e il rischio di sovrappeso e obesità nei bambini. Il rischio diminuisce più aumenta la durata del sonno”.
Nel mirino dei ricercatori sono finiti 11 studi epidemiologici sull’argomento. La quantità di riposo raccomandato varia con l’età dei piccoli. Alcuni ricercatori suggeriscono che sotto i cinque anni, il tempo da passare a letto si aggira intorno alle 11 ore al giorno, mentre fino a dieci anni è consigliabile dormire anche fino a 10 ore. Nella metanalisi dei ricercatori statunitensi, è venuto fuori che i bambini il cui sonno era minore di quello ideale avevano un rischio maggiore di sovrappeso pari al 92%. Ma i risultati dello studio non valgono per tutti. Infatti l’associazione tra ore di sonno e rischio ridotto di obesità appare reale solo per i maschi ma non per le bambine. I meccanismi che legano la mancanza di sonno e l’aumento del peso corporeo non sono ancora chiariti, ma tra le ipotesi prevalenti ricordiamo un aumento compensatorio dell’appetito, la mancanza di attività fisica, ed effetti negativi sulla termoregolazione.

Leggi qui l'abstract della ricerca in inglese

 
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