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Quaresima 2010 - VENERDI 12 MARZO 2010 PDF Print E-mail

QUAR10 VENERDI 12 MARZO 2010

UN FILM PER LA QUARESIMA: un popolo che sorprese il mondo costruendo una nazione sui diritti e non sulla vendetta

   E' il 1995 e Mandela, appena eletto Presidente del Sudafrica, ha come prima necessità quella di evitare rivolte, scontri, vendette. E' un impresa quasi impossibile. La maggioranza nera ha subìto troppo e per troppo tempo il potere indiscriminato degli Afrikaaner, dei bianchi. Tutti si aspettano vendette. I bianchi tremano e si preparano al colpo di stato e alla resistenza. I neri si armano per vendicare morti e prigionia. Il capolavoro politico del detenuto 46664 - questo il codice di matricola nei trent'anni di prigionia di Mandela - fu quello di "sorprendere". Sorprendere il mondo come lui stesso dice: "Sorprenderli con la generosità. Comprensione. Io so cosa i bianchi ci hanno tolto, ma questo è il momento di costruire una nazione".

   Morgan Freeman è Mandela e ne ha studiato ogni movenza lenta e ieratica, ma anche i sorrisi e i modi di salutare. Non ne è un'imitazione né una riproduzione. E' esattamente un'interpretazione. Fa vivere sullo schermo il leader che sogna un Sudafrica nero diverso dal Sudafrica dei bianchi. Il rugby nel paese dell'apartheid è odiato dai neri che invece giocano a pallone. Ma Mandela, che non è mai stato particolarmente appassionato di rugby, capisce che lo sport dei bianchi deve piacere ai neri. I mondiali di rugby potranno essere la prova politica più delicata da superare. Mandela parte da questa idea, insieme mediatica e popolare, per unire un Sudafrica spaccato, sull'orlo di una guerra civile. Il rugby parlerà più d'ogni altro linguaggio o parola al suo popolo. Se non riesci con i discorsi politici a unirlo, allora lo unirai facendo tifare per la stessa squadra.

   Mandela sa che gli Springboks, la nazionale di rugby, sentono di non rappresentare più il loro Paese bianco. Il suo compito sarà di farli sentire rappresentanti di un nuovo Paese, responsabili di un nuovo possibile corso politico. Mandela parte dalla sua scorta. Affianca agli uomini provenienti dalle file dell'Anc, bianchi delle squadre speciali. La scorta sudafricana non vuole condividere la squadra con gli afrikaaner che solo un anno prima li avrebbero arrestati. Ma Mandela è categorico. "La nazione arcobaleno nasce da qui. Intorno a me voglio le due anime del Sudafrica".

   E poi incontra il capitano François Pienaar, interpretato da Matt Damon - bravissimo nel riuscire a raccontare anche solo col viso l'incontro di un bianco terrorizzato dai neri con il primo presidente nero del Sudafrica. Damon è un giocatore di grande talento ma ormai colpito da una sorta di depressione sociale, come i suoi compagni. Ma è qui che interviene Mandela. "Abbiamo bisogno di ispirazione". Nasce tra il capitano e il presidente del Sudafrica un rapporto diretto. Mandela gli chiede di far vincere i mondiali di rugby al Sudafrica. Impresa che tutti gli esperti dichiarano impossibile. Ma c'è da costruire una nazione. Mandela segue direttamente i loro allenamenti. Porta la squadra che ha un solo rugbista nero nei ghetti di Soweto, nelle baraccopoli dove nessun bianco era mai stato. Lì insegnano il rugby, lo sport bianco per eccellenza, ai ragazzini neri. E poi visitano la prigione dove è stato rinchiuso Mandela. I giocatori vengono allenati nell'anima. E nel film è chiaro che la disciplina che stanno vivendo i rugbisti non è nient'altro che il percorso che un'intera nazione sta facendo per capirsi e ritrovarsi.

   Il finale te lo aspetti, ma non vedi l'ora che accada. Ed anzi hai paura che qualcosa possa andare storto, che la palla ovale possa far perdere il grande sogno della nuova nazione.

   Il Sudafrica oggi è quanto di più lontano esista dal paradiso arcobaleno in cui molti avevano sognato, ma questo non toglie nulla alla lezione di come la politica sappia essere cosa diversissima da quella che abbiamo tutti i giorni sotto gli occhi. Di come possa essere, in tutti i sensi, il sogno di un uomo e di un popolo ancora desideroso di conquistare diritti e felicità. Che Nelson Mandela ha descritto con queste parole del poeta Henley:

"Sotto i colpi d'ascia della sorte, il mio capo sanguina, ma non si china.... Non importa quanto sia stretta la porta... quanto piena di castighi la vita/ Io sono il padrone del mio destino. Io sono il capitano della mia anima".

Da Roberto Saviano/ Agenzia Santachiara  ©2010

 
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