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Quaresima 2014 - MARTEDI' 18 MARZO 2014 PDF Print E-mail

QUAR14 RICERCA DELL’UOMO RICERCA DI DIO

MARTEDI’ 18 MARZO 2014

LA POTENZA DISGREGATRICE DELL’URAGANO:

ISOLARE UN UOMO DALL’ALTRO

 

Per quanto fosse stato colto piuttosto di sorpresa dall’impressionante brutalità della prima raffica del tifone, Juke si era riavuto all’istante, aveva chiamato l’equipaggio e ordinato la chiusura di tutte le aperture in coperta che non fossero già state assicurate nel corso della serata.

 

Da quando aveva sentito il primo soffio d’aria sfiorargli la guancia, la bufera aveva acquistato l’impeto compresso di una valanga. Spruzzi possenti accerchiavano da prua a poppa il Nan-Shan, che, d’un tratto, nel bel mezzo del suo rollio regolare, cominciò a impennarsi e a tuffarsi come impazzito dalla paura.

 

Jukes pensò: “Questo non è uno scherzo”. Mentre si scambiava spiegazioni urlando con il comandante, un improvviso addensarsi dell’oscurità piombò sulla notte, calando davanti ai loro occhi come qualche cosa di tangibile. Era come se tutte le luci del mondo, già velate, si fossero spente. Jukes era felice di avere il capitano accanto. Ne era sollevato come se quell’uomo, per il semplice fatto d’essere venuto sul ponte, avesse preso sulle proprie spalle quasi tutto il peso della bufera. Tale è il prestigio, il privilegio e il fardello del comando.

 

Il capitano MacWhirr non poteva aspettarsi da nessuno un simile sollievo. Tale è la solitudine del comando. Egli cercava di vedere, con quello sguardo vigile dell’uomo di mare che guarda il vento negli occhi come in quelli di un avversario, per penetrarne le intenzioni nascoste e indovinare la direzione e la forza dell’urto. Il vento forte irrompeva da una vasta oscurità, e lui non poteva distinguere neppure l’ombra della sua sagoma. Questo particolarmente lo opprimeva, e attendeva nell’immobilità più assoluta, vittima dell’impotenza di un cieco.

 

Il vago balenio d’un lampo guizzò tutt’attorno come se si scaricasse in una caverna, una nera e segreta camera del mare, sorretta da creste spumeggianti.

 

Per un istante sinistro e tremolante, svelò una massa di nuvole basse, a brandelli, le oscillazioni della lunga sagoma della nave, le forme nere degli uomini bloccati sul ponte di comando, le teste sporte in avanti, come pietrificati nell’atto di dare colpi di corna. Su tutto questo scese un’oscurità palpitante: e a questo punto, ci fu un qualcosa di formidabile e immediato, un vaso di rabbia che va a pezzi. Quasi un’esplosione impetuosa attorno alla nave, un urto travolgente, una ciclopica ondata d’acqua, una diga immensa spazzata via controvento.

 

In un attimo gli uomini persero i contatti tra loro. Questa è la potenza disgregatrice di un uragano: isola un uomo dall’altro. Un terremoto, una frana, una valanga possono sopraffare l’uomo incidentalmente, quasi senza passione. La furia dell’uragano lo attacca come un nemico personale, gli afferra le membra, si abbarbica alla sua mente, tenta di sradicare da lui anche l’anima.

 

JOSEPH CONRAD tratto da TIFONE (1902)

Capitolo cinque

Segnalato da Angelita Verna, Colletorto (CB)
 
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